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Storia

Cenni storici sul Consorzio di Bonifica Adige Euganeo


Costruzione Botte delle Trezze

Introduzione


Il Consorzio di bonifica Adige Euganeo fu costituito con deliberazione della Giunta regionale del Veneto il 19 maggio 20091, in seguito all’approvazione della Legge regionale 8 maggio 2009, n. 12, “Nuove norme per la bonifica e la tutela del territorio”.
Il nuovo Ente deriva dall’accorpamento degli originari comprensori dei Consorzi di bonifica Adige Bacchiglione e Euganeo, nati per effetto della Legge Regionale 13 gennaio 1976, n. 3. I suddetti Consorzi erano a loro volta il risultato delle fusioni di numerosi altri consorzi di bonifica avvenute in tempi e modalità molto diverse fra loro.
Il Consorzio di Bonifica "Euganeo" accolse, infatti, all’interno del suo comprensorio interamente i consorzi "Euganeo-Berico" e "Vampadore" e in parte quelli di "Liona-Frassenella", "Ottoville" e "Ronego" (la rimanente parte di questi ultimi ha concorso a formare il limitrofo nuovo Consorzio di bonifica "Riviera Berica", in ragione delle affinità e delle interconnessioni idrauliche che caratterizzano i rispettivi comprensori.)
Il Consorzio di Bonifica “Adige Bacchiglione” proveniva, invece, dal raggruppamento degli ex Consorzi elementari "Monforesto", "Bacchiglione Fossa Paltana", "Retratto di Monselice" e "Paludi Catajo e Savellon di Bagnarolo" oltre che di un territorio ubicato nella parte sud-orientale dei Colli Euganei.
L’attuale comprensorio del ‘nuovo’ Consorzio di bonifica Adige Euganeo interessa le province di Padova, Vicenza, Verona e Venezia. Esso è delimitato a nord dalla zona pedemontana dei Monti Berici, dalla dorsale nord dei Colli Euganei e dal fiume Bacchiglione, a sud dall’Adige e dal tratto terminale del fiume Gorzone; a est dalla confluenza Brenta-Bacchiglione-Gorzone; ad ovest dal fiume Fratta e dal canale Fossetta. Si tratta di una superficie pari a 119.955,41 ettari. Tale territorio in tempi remoti presentava una sistemazione idrogeologica profondamente diversa da quella odierna: era sede di numerose aree paludose, acquitrini, corsi d’acqua privi di arginature e il cui letto, in alcuni casi, fu deviato forzatamente dalla mano dell’uomo.
La storia della trasformazione idrografica, ambientale e paesaggistica, e di uso del suolo, avvenuta in quest’area è molto complessa. L’azione dei privati si intrecciò, nel corso dei secoli, con quella dello Stato. Troppo spesso, tuttavia, le scelte tecniche compiute e i tempi di esecuzione delle opere furono determinati dai capitali di volta in volta disponibili, con conseguenze spesso gravi per l’equilibrio idrogeologico dell’area.


Dal Basso medioevo al Cinquecento

Fin dai secoli XII-XIII si trovano notizie di interventi compiuti nell’area in questione al fine di sottrarre alle acque terreni da adibire a coltura.
I primi ad agire in modo sistematico ed efficace in questo senso furono i monaci benedettini. Nel territorio padovano il vero protagonista delle opere di bonifica in età medievale fu il Monastero di Santa Giustina il quale, nei secoli XI e XII, ricevette molte donazioni da parte dei vescovi patavini e lasciti di grandi famiglie feudali. Si formarono così notevoli estensioni agricole, che furono costantemente valorizzate da accorte opere di bonifica volte a prosciugare i terreni ubicati sopra il livello del mare. Nel XVI secolo il possedimento dei monaci aveva raggiunto l’estensione di diecimila campi padovani (circa 3.860 ettari). I Benedettini di Santa Giustina, da quanto viene tramandato, furono i primi a compiere opere idrauliche nel comprensorio del Consorzio Liona-Frassenella in provincia di Vicenza, costruendo, in particolare, le arginature degli scoli Liona, Siron, Seonega, Gorzon ed Arnalda. Il modello agrario dei monaci di Santa Giustina venne imitato dall’altra grande abbazia padovana, S. Maria di Praglia, aggregatasi alla medesima congregazione benedettina nel 1448, così come dai canonici regolari di Candiana e dai frati di Bagnoli.
Fra tutti i consorzi elementari che diedero origine all’attuale Consorzio Adige Euganeo meritano di essere ricordate le origini molto antiche del Consorzio Ottoville che risalgono all'unione, nel 1100 circa, di quattro “ville” padovane (Bastia, Carbonara, Zovon, Boccon) e di quattro “ville” vicentine (Barbarano, Albettone, Lovertino, Lovolo) a scopo di difesa idraulica. Il Consorzio Bacchiglione-Fossa Paltana sembra risalire al XIII secolo2. Di origini molto antiche, infine, è anche il Consorzio di Valdentro,  costituito nel 1405 da un decreto estense e riconfermato dalla Repubblica Veneziana nel 15033.
Verso la metà del Cinquecento il riordino idraulico realizzato dai monaci suscitò nei proprietari di terreni vallivi a monte della Fossa Paltana il desiderio di ampliare le aree bonificate cosicché si venne a costituire un sistema consortile, il primo del genere, la cui presidenza venne assunta dall'Abate di Santa Giustina e che prese il nome di Consorzio della Fossa Paltana. Anche le prime opere di bonifica in quello che poi divenne il Consorzio di bonifica Liona Frassenella sarebbero state compiute sotto l'egida dei monaci Benedettini.
Ancora agli albori del XVI secolo i corsi d’acqua scorrevano liberi nell’entroterra veneziano. La terraferma veneta appariva come una vera e propria “pianura liquida”, con grandi estensioni di terreno impaludato, spesso definite ‘laghi’, come quello di Vighizzolo, Anguillara, Vescovana o Cuori, per fornire soltanto alcuni esempi4. Nei primissimi anni del Cinquecento la Serenissima dovette prendere atto che non era possibile ignorare l’intima connessione del regime lagunare con quello idrografico della regione retrostante.
Su deliberazione del Consiglio dei Dieci nel 1501 furono dunque eletti tre Savii alle acque che avevano fra i loro compiti quello di revisionare i titoli di legittimo godimento privato nell’ambito lagunare, ordinare la distruzione di tutte le opere arbitrariamente eseguite e imporre pesanti sanzioni a coloro che compromettevano l’integrità della laguna5. Si trattava del primo nucleo del vero e proprio Magistrato, il cui assestamento si protrasse per tutta la prima metà del secolo e oltre. Nel 1505 venne istituito il Collegio alle acque, essendo maturata l’esigenza di affiancare all’organo esecutivo un organo consultivo6. Nel 1545, in seguito ad un anno di clima inclemente e di raccolto scarso, si decretò l’elezione di “tre Provveditori sopra i loci inculti del dominio e sopra l’adacquazione dei terreni” con il compito di sottoporre al Senato le proposte di bonifica ritenute necessarie e, in caso di approvazione, di sorvegliare l’esecuzione dei lavori.
Nell'ottobre del 1556 il Senato Veneto7 impartì precise disposizioni al Magistrato ai Beni Inculti per rendere produttivi i vari terreni desolati del Padovano, del Vicentino, del Veronese, del distretto di Asolo, del Polesine e dell'Istria. Il Magistrato, a sua volta, decretò l'esecuzione dei lavori di scolo delle Valli del Gorzon, di quelle di Monselice, Baone ed Arquà, delle Valli da Lozzo al Frassine e di quelle della Brancaglia.
Tra il dicembre 1555 e il gennaio 1556 vennero riconosciuti i consorzi di Vescovana, Vighizzolo, Val di Biasio, Ponara, Bagnacavalla, Pincara, Villa Lonigo, Schiavon, Pozzo, Pogliana e Cologna8. Fra il 1556 e il 1558 il Senato Veneto decretò la costituzione di numerosi nuovi consorzi9: Gorzon Medio, Gorzon Inferiore, Lozzo, Cavariega, Brancaglia Inferiore, Gorzon Superiore-Frattesina, Retratto-Monselice. Valcinta, Valgrande, Cuoro, Retratto Monselice e Vampadore, Palù Catajo (1556). Al Lago di Vighizzolo appartenevano i terreni più depressi dei Consorzi Cavariega, Gorzon Superiore - Frattesina e la parte meridionale del Consorzio Brancaglia Inferiore; al Lago dei Cuori e alla maggior parte di quello della Grignola le maggiori depressioni del Comprensorio del Consorzio Gorzon Inferiore; alla rimanente parte di quello della Grignola e al Lago di Vescovana i terreni più bassi del Consorzio Gorzon Medio. Anche il Consorzio di bonifica Ronego (Cologna Veneta), risale al periodo aureo della Repubblica Veneta essendo stato istituito con Decreto del Senato Veneto in seguito alla Terminazione del Magistrato dei Beni Inculti 30 giugno 1563.
La prima opera del Magistrato sopra i Beni inculti fu la redenzione del comprensorio del Consorzio Retratto-Monselice, costituito con la Terminazione 6 agosto 1557, esteso circa 10.000 campi vallivi situati nei comuni di Galzignano, Valsanzibio, Arquà e Baone, tra il canale detto di Monselice (da Este a Battaglia) e i Colli Euganei. L’anno successivo, nel 1558, i Consorzi Gorzon, Lozzo e Brancaglia iniziarono la bonifica naturale dei terreni di loro competenza, che corrispondevano più o meno a quello che sarebbe poi divenuto il comprensorio del Consorzio di Bonifica Euganeo-Berico.
Per la bonifica del Consorzio Gorzon, sicuramente la più importante bonifica attuata dalla Serenissima, uno dei Provveditori si insediò a Este, da dove poteva controllare ogni aspetto dei lavori, impartire direttive tecniche, stipulare contratti d’appalto per i diversi lotti e per la fornitura dei materiali e sovrintendere al reclutamento della manodopera. L'origine delle prime attività bonificatrici nel territorio di quello che diventerà il Consorzio Monforesto risale al XVI secolo quando, ad opera della Repubblica Veneta, vennero eseguiti dei prosciugamenti per colmata nella zona est del comprensorio, nel Consorzio Foresto Generale che si trovava quasi totalmente allo stato vallivo. In essa affluivano disordinatamente le acque dei territori superiori del Consorzio Fossa Monselesana.
Le spese a cui dovettero far fronte i proprietari erano elevate, ma l’incremento del valore dei terreni risanati superava però di molto l’onere della tassazione imposta dalla Serenissima, senza calcolare le esenzioni fiscali di cui godevano per un lungo periodo di tempo i proprietari dei terreni bonificati.


Sei-Settecento

Nel secondo decennio del Seicento le bonifiche vennero interrotte per riprendere solamente nel Settecento inoltrato. La crisi economica, aggravata dal crollo demografico del 1629-31, dovuto agli effetti dell’epidemia di peste, non stimolava ad investire nel recupero di terre paludose. Inoltre, la poca disponibilità di manodopera avrebbe reso dispendiosa anche l’opera più semplice. Si dovette attendere la seconda metà del XVII secolo per assistere ad una ripresa economica, dovuta essenzialmente alle richieste di rifornimenti alimentari imposti dalla guerra di Candia (1645-69) e all’incremento demografico.
Sembra che lavori di bonifica di un certo rilievo iniziarono nel comune di Cavarzere già nel 1650 e nel retratto del Gorzon nel 1663. Alcune opere, invece, furono abbandonate. Nel comprensorio del Consorzio della Fossa Paltana, al posto dei monaci di Santa Giustina nessun'altra autorità fu in grado di provvedere alla conservazione del delicato sistema idraulico frutto di tre secoli di lavoro, e nessuno vigilò durante le piene; era inevitabile perciò che il fiume rompesse gli argini per ben tre volte agli inizi del Settecento e che buona parte dei terreni ridiventassero dominio della palude.
Nei primi anni del Settecento, grazie all’attività del Magistrato alle Acque continuarono le bonifiche idrauliche, come quelle nelle Valli Veronesi, nelle paludi del Montagnese, nel Polesine, nel Trevigiano e nel Friuli. Tuttavia, era stato totalmente trascurato l’ambiente montano, permettendo diboscamenti, mirati alla sostituzione del riso alle colture tradizionali ed erano state estese su vasta scala le colture palustri, che avevano provocato l’impaludamento di vaste zone interne.
Tra il 1650 e il 1750 si contarono, solamente lungo il corso dell’Adige, ben 50 sfondamenti degli argini. La situazione appariva simile lungo il Brenta, il Piave, il Sile, il Bacchiglione, l’Agno-Guà-Frassine e il Fratta-Gorzone10.
Negli ultimi anni della Repubblica Veneta il Consorzio Gorzon inferiore, il Gorzon medio e superiore, il retratto Brancaglia, il Consorzio Fratta e quello delle Sette Prese del Brenta si trovavano in pessime condizioni. Nonostante il Governo cercasse di arginare il problema ogni intervento risultò vano di fronte al perdurante dissesto idro-geologico. Le tecniche di drenaggio utilizzate si rivelarono insufficienti e mancavano i capitali per importare nuovi macchinari.
Alla fine del Settecento esistevano 240 consorzi di bonifica, 63 dei quali nel Veneziano, 56 nel Padovano, 41 nel Veronese, 38 nel Polesine di Rovigo, 31 nel Vicentino e 11 nel Friuli 11.
L'epilogo del secolo portò rivolgimenti di grande portata storica e profondi mutamenti. Il lungo periodo di pace assicurato dalle armi e dalla saggezza della Repubblica stava per finire sotto l'incalzare vittorioso dell'armata napoleonica. A Padova le truppe confiscarono patrimoni privati e beni degli ordini religiosi.


Ottocento

Durante il Regno Italico e il successivo Regno Lombardo Veneto l’onere della bonifica ricadeva interamente sui proprietari. Alcuni privati tentarono di bonificare le loro proprietà isolandole con soluzioni poco efficaci dalle paludi circostanti e provvedendo alla costruzione di piccoli impianti di sollevamento delle acque, ma gli esiti furono, in genere, disastrosi. Nel 1806 alcuni proprietari del consorzio Foresto, Agostino Marin e suo figlio Antonio, iniziarono una modesta bonifica meccanica utilizzando un rudimentale apparecchio, azionato manualmente, costituito da pale comuni di granone che ruotavano su un asse orizzontale. Il risultato non fu molto incoraggiante, ma il principio scientifico era corretto. Da questi tentativi nacque l’idea di servirsi di una ruota a pale piane. La prima ruota di questo tipo fu costruita dal falegname Sante Baseggio e venne usata nella valle Toffetti (Cona - Venezia). Baseggio adattò successivamente la ruota alla forza del cavallo, utilizzando tre animali per ottenere un lavoro continuo. Nel 1814 Antonio Tassi a Cantarana adottò un sistema simile. A partire dal 1813, a causa di grandi piogge nella tenuta ‘La Contea’, poi ‘Emo’, nel comune di Battaglia (Padova), l’agricoltore Meneghini utilizzò per molti anni una ruota a pale in legno, con sostegno a due luci e doppie porte, azionata dal tiro di un cavallo.
Più tardi, nel 1826, Girolamo Giro tentò, senza riuscirvi, l’asciugamento della valle Civrana (Venezia) mediante una vite di Archimede12.
Il vapore apparve nelle campagne venete già all’inizio degli anni Trenta del XIX secolo, quando l’architetto Giuseppe Jappelli convinse il barone Gaetano Testa ad investire del capitale per bonificare il Canale dei Cuori utilizzando la sua ultima invenzione, una speciale pompa aspirante e premente: lo ‘Smergone’. Il barone Testa acquistò i diritti sull’uso della macchina e, nel 1835, stipulò con il Presidente del Consorzio Foresto una contratto di vent’anni per prosciugare con idrovore a vapore il Canale dei Cuori. Il consorzio Foresto, dunque, fu il primo a tentare seriamente l’asciugamento meccanico su vasta scala. Purtroppo, nessuno pensò di arginare il comprensorio, impedendo alle acque dei terreni alti di riversarsi nelle terre basse. Anche dopo essersi reso conto dell’errore commesso Testa persistette nell’impresa frenando così il diffondersi del sistema di bonifica per essiccamento. Fra i proprietari prevalse lo scetticismo, anche perché molti attribuirono il fallimento al sistema adottato anziché agli errori commessi nel dargli esecuzione13.

Verso la metà del XIX secolo le macchine a vapore si diffondono nelle campagne della Terraferma contribuendo in modo determinante a modificarne la struttura.
Nel 1847, sotto l’incalzare delle necessità economiche, gli esperimenti di prosciugamento ripresero in piccole estensioni di terreno e con semplici macchine mosse da forza animale. Il rifiorire dei prosciugamenti meccanici fu dovuto all’applicazione delle trombe, o pompe aspiranti e prementi, già utilizzate in Olanda con discreto successo. Si trattava ancora di idrovore primitive, non molto resistenti e di limitata continuità di esercizio. Le trombe furono usate per la prima volta nel 1847 dai fratelli Benvenuti per asciugare 500 ettari nel possedimento di Cantarana nel comune di Cona, in provincia di Venezia. Veniva abbandonata la forza animale per quella del vapore, un passaggio che segnò una vera e propria rivoluzione per l’agricoltura veneta. I risultati furono deludenti sia per l’insufficienza del sistema idroforo che per difetto dell’ordinamento idraulico. Ma l’esempio dei fratelli Benvenuti venne imitato da molti altri proprietari che operarono in quello stesso bacino e, nei 10 anni successivi, anche a sud dell’Adige14.
Il primo vero  successo fu ottenuto da Antonio Zara di Padova, il quale, nel 1849, costruì a Cona un impianto con tromba della potenza di 10 cavalli per il prosciugamento di 300 ettari di terreno. La buona riuscita di quest’opera costituì una svolta decisiva nella storia dei consorzi di bonifica. L’anno seguente Ernesto Meticke di Trieste acquistò una tromba di 10 cavalli e nel 1852 ne ordinò una seconda della potenza di 4 cavalli, funzionante col nuovo sistema delle turbine Appold, per prosciugare 660 ettari nella sua tenuta di Monsole (Cona - Venezia).
L’applicazione delle trombe non risultò in genere molto vantaggiosa per l’asciugamento dei terreni, per evidenti limiti tecnici. Si fece quindi un passo avanti iniziando ad utilizzare le ruote idrovore già da tempo impiegate in Olanda nella maggior parte degli impianti, e i ‘turbini’ nei rimanenti.
Alla fine del 1853, nella parte bassa delle province di Venezia, di Padova e nel Polesine erano attivi 564 cavalli-motore per la bonifica di 24.510 ettari di terreno. Secondo il prospetto di Girolamo De Bosio nel 1855 nella provincia di Vicenza vi erano 20 consorzi (3 scolo, 1 scolo e difesa, 7 difesa, 9 irrigazione), nella provincia di Venezia vi erano 29 consorzi (22 scolo, 5 misti scolo e difesa, 2 misti scolo e irrigazione); nella Provincia di Padova i consorzi erano invece 27 (13 scolo, 14 misti scolo e difesa)15. In particolare, nel comprensorio dell’attuale Consorzio Adige Euganeo si trovavano i seguenti consorzi:

Provincia

Denominazione

Oggetto della istituzione

Residenza dell’ufficio

Estensione in pertiche censuarie (1 pertica = 1.000mq)

Vicenza

Liona e Frassenella

Scolo e difesa

Vicenza

4.550,00

Venezia

Foresto

Scolo

Cavarzere destro

107.969,38

Padova

Bacchiglione e Fossa Paltana

Scolo

Padova

157.576,90

Padova

Brancaglia superiore

Scolo

Montagnana

36.068,64

Padova

Brancaglia inferiore

Scolo

Este

17.061,53

Padova

Fiume novo o Frassine

Scolo e difesa

Cologna

149.808,16

Padova

Frattesina

Scolo

Este

34.564,09

Padova

Fossa Monselesana

Scolo e difesa

Padova

136.709,22

Padova

Gorzon superiore

Scolo e difesa

Este

90.494,68

Padova

Gorzon medio

Scolo

Este

65.081,06

Padova

Gorzon inferiore

Scolo

Este

86.395,36

Padova

Lozzo

Scolo e difesa

Este

2.6917,63

Padova

Ottoville

Scolo e difesa

Padova

72.442,56

Padova

Palù maggior e Cattajo

Scolo e difesa

Battaglia

4.321,17

Padova

Retratto Monselice

Scolo

Este

25.951,39

Padova

Savellon di Bagnarolo

Scolo

Permunia

1.780,00

Padova

Valgrande

Scolo

Este

6.997,12



Questo è il quadro che si presentava alla vigilia dell’unificazione. L’annessione del Veneto al nuovo Regno nel 1866 portò nelle aule parlamentari i rappresentanti della possidenza terriera locale, particolarmente motivati ad indirizzare le scelte normative verso soluzioni che contemplassero pienamente la peculiarità geomorfologica del territorio padano.
Come abbiamo ricordato, l'inizio di una vera e propria attività bonificatrice nel territorio dei Consorzi Foresto Generale e Fossa Monselesana si registra a partire dai primi anni del XIX secolo quando alcuni proprietari, nella zona del Foresto Generale, tentarono per la prima volta in Europa il sollevamento meccanico delle acque. Si passò dai mezzi di sollevamento azionati a mano a quelli azionati dalla forza animale e infine alle macchine a vapore. La meccanica offriva ormai potenti macchine idrovore azionate sia a vapore che con motori elettrici o ad olio pesante. Restavano però ai dirigenti del consorzio altri due problemi da risolvere: uno di tipo tecnico-idraulico riguardante la sistemazione del Canale dei Cuori; l'altro di tipo sociale, e cioè le conseguenze legate al prosciugamento delle valli, che offrivano agli abitanti dei luoghi oppressi dalla miseria e sfibrati dalla malaria l’unica fonte di reddito attraverso la raccolta della canna, la pesca e la caccia. Si prevedeva di sistemare il Canale dei Cuori e i collettori della Fossa Monselesana e di costruire un grande impianto idrovoro a Ca' Bianca di Chioggia per scaricare nella Laguna le acque del canale dei Cuori con lo scopo di mantenerne basso il livello. Fu adottata cioè la soluzione, non frequente nel campo delle bonifiche, del doppio sollevamento meccanico, una prima volta dai terreni al canale dei Cuori ed una seconda dal Canale dei Cuori alla Laguna di Chioggia. I lavori all’idrovora furono ultimati solo nel 1928.  
I problemi idraulici del territorio che si trovava nelle province di Padova e Verona e che era delimitato per 3/4 della sua estensione dai fiumi Guà-Frassine e Fratta non erano stati certamente risolti e ancora nel 1830 le acque della zona sud del Comprensorio (Valli) confluivano liberamente nel fiume Fratta allora disarginato. Nel 1830 iniziò la costruzione dell'argine sinistro del Fratta e contemporaneamente fu arginato un tronco dello scolo Vampadore: i terreni delle Valli (ha 3.323), facenti a quel tempo parte del Consorzio Gorzon Superiore, divennero così bonificabili. Fin dal 1600 i terreni della zona nord del comprensorio erano costituiti in Consorzio denominato Brancaglia Superiore dell’estensione di ha 2.510. La vasta zona di terreni che si estendeva a sud di questo Consorzio fino alle Valli, di circa ha 4.725, non era inclusa in un comprensorio di bonifica. I Comuni di Merlara, Casale di Scodosia, Megliadino S. Vitale e 78 fra i maggiori possidenti, avanzarono al Ministero dei Lavori Pubblici la richiesta di separare la zona Valli dal Consorzio Gorzon Superiore. Il Ministero, accogliendo la domanda decretò la costituzione autonoma in "Consorzio di scolo e di difesa del bacino Vampadore" . Con Decreto Prefettizio nel 1870 fu costituito il "Consorzio di Bonifica Vampadore". Nel 1879 gli venne aggregata la zona Valli del Consorzio Gorzon Superiore e successivamente, nel 1923, il Consorzio Brancaglia Superiore.
Il più importante impianto idrovoro a carattere consorziale fu quello costruito nel 1880 al Taglio di Anguillara (oggi soppresso) per la bonifica del Consorzio Gorzon Inferiore, della potenza di CV 120, costituito da una motrice a vapore che azionava una turbina. Seguì fra il 1893 e 1897 quello del Consorzio Gorzon Medio, pure al Taglio di Anguillara, della potenza complessiva di CV 600, con tre motrici a vapore azionanti una turbina.
Le vicende del Consorzio Retratto-Monselice non sono semplici da ricostruire. Parte dei vantaggi conseguiti con le opere compiute dalla Serenissima andarono persi nel corso degli anni per il mancato mantenimento delle opere. Poichè in tempo di piena le acque di Sottobattaglia assumevano un livello incompatibile con lo scolo del Consorzio Retratto, in tali periodi lo scarico doveva essere chiuso e le acque del Consorzio invasarsi nei collettori fino a sommergere i terreni. Alla fine dell’Ottocento il problema venne affrontato nuovamente e sulla base del progetto dell'ing. Aita furono stipulati accordi col limitrofo Consorzio Bacchiglione-Fossa Paltana per raccogliere le acque del Retratto in un collettore attraversante tale Consorzio, il Canale Altipiano, opportunamente sistemato ed integrato mediante un canale scavato dal Consorzio Retratto ed una botte a sifone sottopassante il canale Bagnarolo. Anche questo deflusso subiva però delle limitazioni (sospensione o parzializzazione dello scarico quando la piena nel Canale Altipiano raggiungeva una quota fissata in una targa murata sul ponte del Maseralino). Per integrare l'azione di scolo del Canale Altipiano venne quindi costruito, dopo la prima guerra mondiale, l'impianto idrovoro dell'Acquanera.
In seguito alla promulgazione della Legge Baccarini nel 1882 alcune opere vennero classificate in Ia categoria, venne cioè riconosciuto loro l’elevato interesse sociale e igienico e, di conseguenza, la partecipazione economica dello Stato alla loro esecuzione. La prima area a comparire nel 1885 negli elenchi di opere di Ia categoria, compresi nell’attuale comprensorio del Consorzio Adige Euganeo, fu quella dei “Terreni paludosi o difettosi di scolo nel circondario idraulico di Este”, che interessava i comuni di Vighizzolo, Villa Estense, Vescovana, Stanghella, Boara Pisani, Anguillara e Codevigo (Padova) 16. Due anni dopo, nel febbraio 1887, altre 4 territori furono riconosciuti come bisognosi di interventi di Ia categoria17:
1. Terreni paludosi del consorzio Retratto Monselice (Galzignano, Monselice, Battaglia, Baone, Arquà Petrarca ed Este – Padova)
2. Terreni paludosi difettosi di scolo compresi nel consorzio di Cavariega (Carceri, Ponso, Piacenza d’Adige, Santa Margherita d’Adige, Megliadino S .Vitale - Padova)
3. Terreni paludosi compresi nel consorzio Gorzon Medio (Sant’Urbano, Barbona, Pozzonovo - Padova)
4. Terreni paludosi del consorzio Bacchiglione e Fossa Paltana (Agna, Arre, Bovolenta, Correzzola, Candiana con Pontecasale, Codevigo, Pontelungo, Terrassa, Chioggia e Cona – Padova e Venezia)

Nonostante la notevole evoluzione che il concetto di bonifica aveva registrato in sede legislativa, mancavano le potenzialità economiche per poter realizzare le opere.  

Novecento


All’inizio del 1900 rimanevano ancora da eseguire nel comprensorio dell’attuale Consorzio Adige Euganeo le seguenti bonifiche di prima categoria18:


 

Indicazione della bonifica

 

Prov.

Terreni paludosi nel Consorzio Bacchiglione e Fossa Paltana

Padova

Terreni paludosi nel Consorzio Retratto Monselice

Padova

Terreni paludosi o difettosi di scolo nel Consorzio di Cavariega

Padova

Terreni paludosi o difettosi di scolo nel circondario idraulico di Este

Padova

Consorzio Gorzon inferiore e bacino del Navegale

Padova

Consorzio Brancaglia inferiore

Padova


I primi anni del Novecento videro la nascita di numerosi nuovi consorzi nell’area compresa fra l’Adige e il Bacchiglione. Il Consorzio Valcalaona, con sede a Este, venne costituito in data 28/10/1900. Il Consorzio Anconetta, nel comune di Vighizzolo d’Este, venne costituito il 6/9/1902 fra 9 proprietari e si estendeva su una superficie di circa 110 ha. Il Consorzio Cuoro fu costituito nel settembre 1902 e venne successivamente aggregato al Lozzo. Il Consorzio Mora Livelli fu costituito, invece, nel 1913. Altri consorzi vennero fusi perché i loro comprensori necessitavano di opere comuni e coordinate. E’ il caso del raggruppamento, avvenuto nel giugno del 1908, dei Consorzi Foresto Generale e Fossa Monselesana, dal quale nacque il 'Consorzio Speciale per la bonifica dei Consorzi Fossa Monselesana e Foresto Generale'. In seguito vennero soppressi tutti i consorzi minori e il Consorzio Speciale assunse la denominazione di Consorzio di Bonifica Monforesto. Per l'entità delle opere e la vastità del suo comprensorio il Consorzio di Bonifica Fossa Monselesana - Foresto Generale era il più importante del Veneto ed uno dei principali d'Italia. Il principale canale del consorzio era il Canale dei Cuori il quale, oltre a raccogliere tutte le acque del Consorzio Fossa Monselesana, riceveva lungo il percorso quelle dei vari bacini costituenti il Foresto Generale, sollevate con numerosi impianti idrovori. Il Canale dei Cuori scaricava nel fiume Brenta-Bacchiglione a Punta Gorzone e, per la Botte delle Trezze, in Laguna, a Ca' Bianca, a mezzo di porte mobili.
Con l’inizio del nuovo secolo, alcuni consorzi di origine antica, cercarono di attuare lavori da tempo necessari. Il Consorzio Retratto-Monselice aveva sempre perseguito l'idea di realizzare una bonifica naturale, e a questo fine incaricò l'ing. Pedrazzoli nel giugno del 1900 di predisporre un progetto per la sistemazione dei canali interni. I lavori iniziarono nel 1906 e continuarono fino al 1912. Solo con la messa in funzione di uno sfioratore meccanico, costruito nel 1921-1922 fu però davvero possibile prosciugare i terreni: una macchina idrovora da 300 HP sollevava le acque e le versava nel canale Bagnarolo e poi nel canale Sottobattaglia. Oltre alle colture, furono create strade, case coloniche e allevamenti zootecnici.
Nel 1912 fu eseguita la bonifica meccanica del Consorzio S. Felice il quale, separatosi dal Consorzio Frattesina, ne aveva costituito il bacino più depresso. Nel 1919 fu iniziata, da parte dello Stato, la nuova inalveazione dello scolo Lozzo nel tratto a valle di Prà di Este, portandone il percorso in sinistra del S. Caterina. Negli stessi anni, gli impianti dei Consorzi Gorzon Inferiore e Gorzon Medio si dimostrarono insufficienti e fu necessario provvedere all'installazione di nuove macchine. All'aggravarsi della situazione concorreva il crescente appesantimento del regime del Guà - Frassine e del S. Caterina, gli stati di piena dei quali si facevano sempre più minacciosi e prolungati. La necessità di provvedimenti radicali venne accolta dai Consorzi Riuniti di Este, i quali, costituito nel 1919 un proprio Ufficio Tecnico, prepararono rapidamente gli elaborati tecnici necessari. Cominciò così un periodo di particolare attività nell’esecuzione delle opere, il cui sviluppo andò intensificandosi nel successivo ventennio. Nel 1921 fu iniziata la bonifica meccanica delle "Valli Sagrede", che formano un sotto bacino del Consorzio Lozzo.
I lavori, che come abbiamo erano stati iniziati nel medioevo dai monaci benedettini, vennero ripresi alla fine degli anni Venti, quando il Consorziò Lozzo, unitamente ai Consorzi Liona Frassenella, Ottoville e Ronego, diede vita, con un cospicuo contributo dello Stato, alla bonifica di Ia categoria Berico-Euganea che si poneva come primo obiettivo la sistemazione del grande collettore Lozzo versante naturalmente nel Gorzone a Carmignano di S. Urbano. Nel 1929 venne iniziato lo scavo dello scolo Lozzo per il prosciugamento di una superficie di 25.100 ettari. I lavori eseguiti dal Consorzio Lozzo nel comune interesse del comprensorio della bonifica Berico-Euganea, furono sospesi nel 1940 a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Nel 1921 erano iniziate le opere per la bonifica meccanica del comprensorio del Consorzio Mora Livelli. Nel 1924 fu costituito il Consorzio San Felice. Mentre si eseguivano queste opere, erano in corso quelle per la bonifica dei comprensori dei Consorzi Cavariega e Brancaglia Inferiore, da parte dello Stato. Nel 1922 partivano i lavori per la sistemazione generale degli scoli del Consorzio Gorzon Medio. Fra il 1928 e il 1929, iniziava la bonifica meccanica della parte più depressa del comprensorio del Gorzon Inferiore e quella a scolo naturale del territorio Berico Euganeo. Anche il comprensorio del Consorzio Paludi Cattajo e Savellon di Bagnarolo comprendente i territori dei due ex Consorzi di scolo e difesa, denominati Palù Catajo e Savellon di Bagnarolo, il primo di origine antica (1556), il secondo costituito con Decreto 25 Dicembre 1808 del Corpo Reale delle acque e strade di Padova, vide l’inizio di importanti opere negli anni Trenta del Novecento. La bonifica razionale del comprensorio ebbe inizio nel 1926 con l'esecuzione dei lavori del bacino Vallata Catajo.
Nel periodo 1925-1929 l'attività bonificatrice era stata particolarmente intensa, molti nuovi consorzi erano nati ed altri si erano ampliati. Dopo il 1929, tuttavia, gli effetti della crisi economica mondiali si ripercossero anche in Italia. Molti consorzi si trovarono in gravi ristrettezze economiche. La legge Mussolini del 1928, che prevedeva notevoli finanziamenti ai consorzi di bonifica, dovette presto subire qualche rallentamento. La legislazione, tuttavia, non si fermava. Con la nuova legge del 1933 venne assegnata una grande importanza ai consorzi, che furono chiamati non solo all'esecuzione, per concessione, delle opere pubbliche, prima fase della bonifica integrale, ma che acquistavano un ruolo essenziale anche nella fase della trasformazione agraria. I consorzi diventavano lo strumento fondamentale per quella sintesi di attività pubblica e privata dalla quale dipendeva l'integralità della bonifica. Fino al 1934 si assistette ad una proliferazione di consorzi, che fallirono però proprio dove la loro funzione risultava fondamentale, e cioè nel far succedere l’intervento privato a quello pubblico. La richiesta avanzata da Arrigo Serpieri di nuovi fondi statali per finanziare l'attività di bonifica integrale venne respinta in considerazione delle spese sostenute per la guerra in Etiopia che si stava allora preparando, obbligando quindi a sospendere i lavori nella maggior parte dei comprensori.
Comunque, troppo forti erano gli interessi legati alla bonifica perchè lo Stato non riprendesse i finanziamenti. Ma quando ciò avvenne, alla fine del 1937 e nei primi mesi del 1938, la politica seguita fu quella di concentrare i mezzi soprattutto nei comprensori che velocemente avrebbero risposto alle opere in modo redditizio. Tale tentativo di rilancio e rifinanziamento dell'impresa, avvenuto in pieno clima autarchico, venne frustrato dall'ingresso del Paese in guerra.
Dal “Rilevamento generale delle bonifiche” eseguito nel 1949 per conto del Ministero dell’agricoltura e aggiornato al 1952 risultano presenti nel territorio veneto 115 enti consorziali (di cui 18 privati). Di questi 17 erano ubicati nel comprensorio dell’attuale Consorzio Adige Euganeo: Lozzo, Gorzon Superiore e Frattesina, S. Felice, Brancaglia Inferiore, Cavariega, Gorzon Inferiore, Mora Livelli, Gorzon Medio, Retratto Monselice, Vampadore, Cuoro, Palù Cattaio e Savellon. Bacchiglione Fossa Paltana, Monforesto, Ottoville, Ronego, Liona Frassenella.
Negli anni Cinquanta i governi che si succedettero alla guida del Paese rivolsero alla bonifica integrale una discreta attenzione. Ne è prova lo “schema di sviluppo del decennio 1955-1964” (Piano Vanoni) che attribuì a bonifica, trasformazione fondiaria e miglioramento montano il 45% dei fondi stanziati per l'agricoltura.
Al fine di gestire nel modo più opportuno nuovi interventi di bonifica furono necessarie altre fusioni, fra le quali la più rilevante fu la costituzione del Consorzio Euganeo-Berico con D.P.R. 22-7-1971, per effetto dell’accorpamento dei seguenti 10 consorzi di bonifica: Gorzon Medio, Gorzon Inferiore, Lozzo, Cavariega, Brancaglia Inferiore, Gorzon Superiore-Frattesina, San Felice, Mora Livelli, Retratto Monselice, Cuoro. (Con delibera della Giunta Regionale Veneta 7-3-1978 il bacino Retratto-Monselice è stato aggregato al Consorzio fra Adige e Bacchiglione, poi Adige-Bacchiglione).
A seguito della Legge Regionale 13 gennaio 1976, n. 3, furono istituiti  il Consorzio di bonifica Adige Bacchiglione e il Consorzio di bonifica Euganeo. Il primo, come abbiamo visto, accolse all’interno del suo nuovo comprensorio interamente i consorzi "Euganeo-Berico" e "Vampadore" e in parte quelli di "Liona-Frassenella", "Ottoville" e "Ronego". Il secondo ereditò gli ex Consorzi elementari "Monforesto", "Bacchiglione Fossa Paltana", "Retratto di Monselice" e "Paludi Catajo e Savellon di Bagnarolo", oltre ad un territorio collinare della parte sud-orientale dei Colli Euganei.
Alla fine degli anni Ottanta venne promulgata la legge quadro sulla difesa del suolo (L. 18/5/89, n° 183) che ha configurato i consorzi di bonifica come una delle istituzioni principali per la realizzazione del risanamento delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico e la tutela degli interessi ambientali ad esso legati. Successivamente, la legge quadro sulle risorse idriche (L. 5/1/94 n° 36) ha confermato il ruolo fondamentale dei consorzi nella gestione delle acque.
Nel maggio del 2009, dall’accorpamento degli originari comprensori dei Consorzi di bonifica Adige Bacchiglione e Euganeo, è nato il Consorzio di bonifica Adige Euganeo. Oltre alle azioni previste dalla Legge regionale 8 maggio 2009, n. 12, l’azione del nuovo Consorzio deve essere diretta anche “alla correzione degli effetti negativi sull’ambiente e sulla risorsa idrica dei processi economici, salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro”, come prevede il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”.

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